EP.05: TUTORIAL LOGO DESIGN: COME CREARE UN LOGO DI IMPATTO [BONUS: SCARICA IL DESIGN FINALE!!]

Ascolta “005: Tutorial Logo Design. Come creare un logo di impatto [BONUS: Scarica il design finale!!]” su Spreaker.

Questa puntata sarà un po’ diversa dal solito: metteremo le mani in pasta, e seguiremo insieme il processo che normalmente uso per realizzare un logo professionale. Partiremo dal brief iniziale, passeremo per gli sketches per poi arrivare al logo finito passando per palette di colore, vettorializzazione e tutti quegli elementi che danno coerenza ad un brand.
Sarà una puntata super pratica, con tanti consigli, spunti e idee … se vorrete, potrete vederla anche su youtube, al profilo di Here. Now. Flow.

FASE 0: LOGO BRIEF
Si parte sempre da un brief iniziale, ovvero il riassunto del brand. Bisognerà capire bene cosa comunica un brand, come vuole porsi sul mercato, qual è il suo target, qual è la sua mission.
Per entrare nel vivo del processo, useremo un brief tratto da .@thebriefclub. “CLAYRA. Uno studio di ceramica che richiede un logo e una card di ringraziamento”.
Come prima cosa, in questa fase creiamo una mappa mentale. Solitamente parto sempre mettendo al centro cosa fa l’attività, per poi andare a collegare parole chiave relazionate con la parola principale. Questo mi permette di creare delle connessioni, di capire da che parte sto andando, e di selezionare le parole che mi servono per le fasi successive.

FASE 1: SCHIZZI INIZIALI
Per questa parte uso la matita e la gomma, perché mi permette di essere molto più creativa. Non importa saper disegnare, quello che conta è essere pazienti e annotare tutte le idee che vengono in mente. Non ci sono limiti, qui diamo spazio all’esplorazione!
In questo momento ci stiamo focalizzando sull’idea, su cosa il marchio vuole comunicare. E’ per questa ragione che tornano utilissime le parole trovate durante la mappatura della fase precedente, perché in questo modo so cosa andare a disegnare e cosa approfondire.
Una volta che ho trovato un logo che mi soddisfi ( o anche di più!) è l’ora di passare alla fase successiva.

FASE 2: PALETTE DI COLORI
Solitamente a questo punto, prima di vettorializzare, passo per la definizione della palette di colori. Ci sono tanti modi per trovare i colori più adatti. Possiamo andare per esempio su colorhunt.co per trovare una palette adatta al logo che abbiamo disegnato e alle nostre parole chiave. Fatto questo, definiti i colori, possiamo vettorializzare.

FASE 3: VETTORIALIZZAZIONE
A questo punto porto il disegno su illustratore comincio a copiarlo. In questo modo mi rendo anche conto di eventuali dettagli che non mi piacevano e li correggo, oppure aggiusto le proporzioni.
Ovviamente qualunque programma si scelga, è indispensabile padroneggiarlo perché questo rende tutto più semplice.
Una volta finito il disegno del logo principale dovrò occuparmi di tutti gli elementi che lo compongono e che, più in generale, sono associati al mio brand.

FASE 4: GLI ELEMENTI ASSOCIATI AL LOGO
Arrivata qui avrò il mio logo, la mia palette e una serie di disegni scartati. Ecco, sono proprio questi gli elementi che mischierò per realizzare un logo secondario e delle varianti al logo principale. Posso anche decidere di realizzare un pattern usando le iniziali del brand, oppure il logo ripetuto, o ancora dei motivi astratti.
L’importante è che tutto questo sia coerente in termini di stile, colori e più in generale di vista d’insieme. Una volta che è tutto pronto, passerò a preparare una guida allo stile di brand, utilizzando questi diversi elementi per dare un’idea suggestiva di come vengono usati per rappresentare il marchio.

FASE 5: PRESENTAZIONE FINALE
La presentazione finale conterrà il logo principale, il logo secondario, le diverse varianti di logo, gli elementi di brand e la palette, i font associati al brande degli esempi di contesto, socia I media o simili. Il tutto è raccolto nella guida allo stile di brand che presenterò al cliente finale. Bisogna ricordare anche che c’è anche la brand guideline completa, che invece tratta più nel dettaglio le modalità d’uso del logo, dei colori, delle varianti, dei font e così via. La guida allo stile di brand è più sintetica, illustra soltanto i grafismi e i font e come si possono colorare rispettando la palette scelta.
Questo è come generalmente finisce il processo di disegno di un logo. Cliccando qui sotto troverete il link per scaricare l’esempio di brand style guide che abbiamo creato insieme.
A presto!

EP.04: QUANTI TIPI DI LOGO ESISTONO E COME DARE UN VOLTO AL TUO BRAND

Ascolta “004: Quanti tipi di logo esistono e come dare un volto al tuo brand” su Spreaker.

Se ci guardiamo intorno, in un momento qualunque della giornata, scopriremo di essere circondati da decine di loghi differenti. Questo accade perché siamo letteralmente circondati da oggetti “parlanti”, ognuno dei quali comunica la propria realtà, dandoci infinite informazioni al di là di un semplice simbolo. Per questo si dice che una compagnia senza logo è come un uomo senza volto. Un logo è infatti in grado di raccontare la storia della compagnia, e di far percepire al consumatore quel valore aggiunto che lo porta senza esitazioni a scegliere un prodotto invece di tanti altri.
li logo può essere organizzato in differenti modalità, a seconda di come uniamo le lettere e i simboli che lo compongono.

LOGOTIPO Un logotipo si trova in tutti quei casi in cui il marchio sceglie di usare soltanto la tipografia per rappresentare il suo nome. Può essere:

  • calligrafico: un esempio è Coca-Cola, in questo caso abbiamo una calligrafia a mano. li logo calligrafico si trova soprattutto in marchi a stampo prettamente femminile, per esempio di abbigliamento.
  • con serif. è il caso di Zara o Sony. Parliamo di serif (grazie, in italiano) per indicare delle lettere che terminano con degli allungamenti perpendicolari al tratto. Quando si tratta di loghi, i caratteri con grazie vengono usati per indicare marchi di lusso.
  • sans serif. è il caso di Google, per esempio. Si distingue perché, a differenza della tipologia precedente, qui i caratteri terminano senza allungamenti. La scrittura sans serif si usa con marchi che vogliono comunicare semplicità, o talvolta anche per marchi riferiti al mondo dell’infanzia.
  • con giochi tipografici: in questo caso, alcune lettere vengono sostituite da simboli che richiamano il marchio stesso.

IMAGOTIPO Parliamo di imagotipo quando troviamo un simbolo unito al testo, un disegno con la tipografia. Lo abbiamo visto tante volte, in vari casi diversi. Nestlè, ad esempio, usa l’immagine sopra al testo. Spotify invece, mette il simbolo alla sinistra del testo. Andro id, infine, mette il simbolo sulla destra della scritta. Generalmente, la posizione a destra è quella meno comune.


ISOTIPO Questa tipologia è riservata solo alle marche molto, molto conosciute sul mercato. La ragione è che in questo caso ci si riferisce solo all’uso del pittogramma, ovvero del simbolo, e ovviamente per questa ragione dobbiamo già conoscere molto bene il brande associarlo in maniera immediata al suo marchio di riferimento. E’ l’esempio di Twitter, Appie, Nike e così via. Le applicazioni digitali ricorrono all’uso di pittogrammi. La ragione è che compaiono come icone diverse volte sotto la vista del consumatore, che in questo modo impara a riconoscerli velocemente.


ISOLOGO Questo è l’ultimo caso. Qui, il simbolo e le lettere sono combinati in un’unica immagine e si utilizzano tutti insieme. Troviamo questo tipo di logo nell’industria alimentare in senso lato e nelle bevande. La ragione per cui vengono utilizzati per questo settore è di tipo storico: questi simboli infatti provengono da vecchie illustrazioni modernizzate e riconvertite in loghi.
Volendo entrare più nel dettaglio, scopriamo che quando si disegna un brand non è sufficiente fermarsi al logo principale. Ci sono infatti molti altri elementi che ne determinano la riconoscibilità, e fanno sì che il marchio sia riconoscibile e coerente nella sua comunicazione. Vediamoli insieme.

  1. LOGO PRINCIPALE Questo è il logo principale del marchio, quello con cui si vuole far distinguere. Deve essere in versioni diverse, non solo con il colore principale del marchio, ma verosimilmente anche con il bianco e il nero.
  2. LOGO SECONDARIO Questo logo viene utilizzato come alternativa, ad esempio nel packaging, dove può essere necessario ripetere diverse volte il logo. In questo caso, si utilizzerà il logo principale nella posizione più visibile, mentre il logo secondario in posizioni un po’ più nascoste.
  3. VARIANTI DI LOGO In questo caso avremo a che fare con loghi che possono servire per adesivi e oggettistica in genere, che richiamino il marchio ma siano più sintetici del logo principale. Solitamente in questo caso è sufficiente dargli una sola palette di colore.
  4. ELEMENTI DI LOGO Questi sono tutti quei simboli che non rientrano nel logo principale, ma che sono unici e caratteristici del marchio e si possono usare nella comunicazione, nel packaging e in tutte le occasioni in cui sia necessario identificare qualcosa come relativo ad un determinato marchio.
  5. PATTERN DI BRAND Qui ci si riferisce a una trama, un disegno composto da elementi di brand che si ripetono e che vogliono dare un senso di coerenza, di completezza all’immagine del brand. Lo troviamo sulla carta da regalo brandizzata, sulle shopper o su qualunque altro oggetto utilizzato dal marchio per generare un senso di affiliazione.

In ultimo, tre consigli per scegliere il logo giusto. Premesso che un logo deve derivare da un lavoro approfondito sul brand (e se non l’avete ancora fatto, vi consiglio di scaricare la mia guida su come impostare la strategia di brand per costruire un logo efficace e duraturo al link httP.s://herenowflow.com/brand-logo), bisognerà innanzitutto partire da cosa si sta offrendo, qual è il target dei consumatori a cui ci si rivolge, come si vuole comunicare e quali sono i canali della nostra comunicazione. li logo giusto sarà quindi una sintesi di tutti questi aspetti, e come abbiamo visto non potrà essere uno solo, ma dovrà costituire un sistema che permetta al consumatore di immergersi nella filosofia del nostro brand.


Ecco quindi le tre linee guida (più una) per disegnare un logo di successo:

  • semplicità, infatti non solo in questo modo diventa identificabile e facile da ricordare, ma così facendo sarà più facile adattarlo a supporti più piccoli e che quindi naturalmente perdono dettaglio
  • supporti e tecniche di riproduzione, vanno tenuti in considerazione per poter proporre un logo che sia adatto al mezzo con il quale lo condivideremo. Un logo da stampare su un supporto di due metri quadri sarà differente da un logo da usare come icona di un sito
  • palette di colori, va studiata e individuata fin dall’inizio. In via generale, meglio non andare oltre i cinque e fare in modo che stiano bene l’uno con l’altro. Per creare una palette, un modo efficace è selezionare una foto adatta a rappresentare il vostro brande da quella estrarre i colori. In questo modo avrete dei toni che stanno bene tra loro e che possono facilmente adattarsi al vostro marchio.
  • al di là delle mode, è bene ricordare che un logo deve essere capace di andare oltre il tempo. Un logo ben fatto, è per sempre.

EP.03: QUALI ELEMENTI USARE PER COSTRUIRE UN BRAND EFFICACE E DURATURO

Ascolta “003: Quali elementi usare per costruire un brand efficace e duraturo” su Spreaker.

Quando si imposta un brand è fondamentale usare un linguaggio coerente e dare significato concreto ad aspetti ben precisi che si vogliono evidenziare. Come abbiamo visto, il brand è un insieme di fattori che a 360 gradi individuano univocamente un determinato marchio e lo collocano in maniera ben precisa nella percezione del consumatore, dei competitors ma anche di chi opera attivamente nella realizzazione del prodotto o nell’erogazione di un servizio. Nella puntata di oggi avremo come focus gli elementi che compongono un brand, per comprenderli da vicino e capire come possono aiutarci a delineare le caratteristiche del nostro marchio.


Filosofia di Brand: è la domanda fondamentale, quella che già dalla notte dei tempi prendeva posto prepotentemente nel sentire dell’essere umano. Chi sono io? E, nel nostro caso: chi è la nostra azienda? Cosa fa? Ma soprattutto, perchè esiste? Possiamo ripercorrere queste tre domande per arrivare al cuore della sua ragione d’essere. Un metodo efficace per capire il nostro perchè, ciò che ci muove, è partire dalla situazione oggettiva -sarebbe a dire, cosa facciamo, il prodotto o servizio che offriamo e il lavoro che facciamo. Una volta individuato questo, si può passare ad individuare il nostro come, ovvero la maniera in cui noi facciamo quello che facciamo. Può trattarsi di un approccio differente, studi interdisciplinari che si uniscono, materiali innovativi o tecnologie all’avanguardia. La maniera in cui noi facciamo qualcosa ci distingue nettamente da tutti coloro che fanno la stessa cosa in modo differente. Un esempio? Prendiamo due calzolai, entrambi che producono artigianalmente scarpe su misura. li primo potrebbe avere un’attenzione particolare alla salvaguardia degli animali e utilizzare solo materiali 100% vegan, mentre il secondo potrebbe realizzare i suoi prodotti solo con pellame di prima qualità scelto per le sue proprietà uniche e sofisticate. Entrambi producono scarpe, ma la maniera in cui lo fanno è radicalmente differente. Da questa situazione possiamo quindi risalire al perché della nostra attività: forse perché vogliamo avere un impatto positivo sulle generazioni future? Oppure perché vogliamo che i nostri clienti si sentano contraddistinti da un capo di altissima qualità? In tutti i casi, il nostro perché include anche la storia del nostro brand ed è la ragione ultima per cui il consumatore finale sceglie il nostro prodotto.


Vision e Mission: questi due termini vengono spesso usati per parlare di brand, ma spesso si usano termini difficili per spiegarli e si fatica a capirli. Proviamo a renderla semplice. Immaginiamo di partire per una camminata in montagna. La nostra vision è quello che ci muove, la ragione che ci spinge a intraprendere questo cammino. Forse perché vogliamo sentirci parte della Natura? O perché vogliamo godere del meraviglioso panorama che vedremo una volta arrivati? O ancora perché vogliamo allenare il nostro corpo? O perché vogliamo dimostrare al mondo che si può scalare una montagna senza fatica? Tutte queste cose sono il motore, la vision del nostro brand. La missionè il “come lo faremo”: come ci attrezzeremo per arrivare fin lì? Quali strumenti porteremo con noi? Quali conoscenze? Tutte queste domande delineano la nostra mission.


Promessa di Brand: si tratta del beneficio ultimo che otterrà il consumatore che si rivolgerà al nostro marchio. La caratteristica fondamentale della promessa di brand ideale, è che sia coerente con ciò che offre il prodotto o il brand stesso. Questo è fondamentale: è importantissimo capire bene cosa promettiamo a chi sceglie il nostro marchio, poiché solo così possiamo continuare ad essere coerenti nel tempo e a non deludere chi si rivolge a noi. Attenzione: non vale parlare del beneficio come del “più bel prodotto” o del “più performante”. Immaginiamo sempre di esprimere un beneficio sapendo che c’è chi può tranquillamente affermare il contrario. Per esempio? Non posso essere “l’insegnate di pianoforte che ti insegnerà a suonare con i giusti esercizi”, perché chi direbbe il contrario? Invece, posso essere “l’insegnante di pianoforte per adulti che vogliono imparare a suonare il jazz con i giusti esercizi”, e così ho individuato bene qual è la promessa (e tra l’altro, parliamo anche di target e di nicchia, ma questa è un’altra storia … )


Brand Experience: in questo caso, parliamo di uno status privilegiato del brand nella mente del consumatore. L’esperienza di brand è quella che porta a formare le cosiddette “tribù di brand”, che portano un gruppo di persone a sentirsi unite dagli stessi valori che condividono con uno specifico brand. Nel tribal marketing, come si definisce, troviamo storie, associazioni intangibili e simboliche che uniscono persone differenti in nome agli stessi ideali, valori e obiettivi.


Valori di Brand: sono i valori del proprietario del marchio, che sono anche uno strumento chiave nel trasmettere una percezione chiara ai consumatori. Sottolineano perché e in che modo un determinato brand fa ciò che promette. Ad esempio? Avere come valore la puntualità, per un marchio potrà voler dire impostare la consegna del proprio prodotto in maniera efficiente e impeccabile, in modo che il consumatore sia soddisfatto della rapidità e precisione di consegna. In questo caso possiamo immaginare il marchio come un essere umano. Qual è il suo modo di comunicare, quale il suo tono di voce, quali le scelte a livello aziendale per sposare i suoi ideali? Tutto questo fa parte dei valori del brand, che vanno ad influire in modo sostanziale sul tono di voce vero e proprio di un marchio. Potenzialmente, più è forte e più il consumatore sarà pronto per acquistare nuovi prodotti dello stesso marchio. Il rovescio della medaglia, in questo caso, è che non è facile cambiare la percezione di questo tipo di parametro, perciò è difficile che una volta deluse le aspettative del consumatore si possa tornare a proporgli nuovi prodotti o servizi.


Storia di Brand: è ciò che dà un senso al marchio e definisce cos’è e cosa fa la nostra attività. La storia di brand si propone di creare un legame emotivo unico con il consumatore, rivelando in modo chiaro l’essenza di un prodotto e le ragioni della sua esistenza. Essendo uno dei pilastri di una corretta strategia di brand, ne parleremo prossimamente qui nel podcast e gli dedicheremo una puntata!